Scandalo Libor, Ubs patteggia: multe per 1,1 miliardi
“Alcuni collaboratori si sono comportati in modo inaccettabile, casi del genere non devono ripetersi”. Il numero uno di Ubs Sergio Ermotti sembra spiazzato ma deciso, 30 o 40 super manager dovranno lasciare la banca che per chiudere il contenzioso legale con le autorità di controllo americana inglese e svizzera ha deciso di pagare 1,1 miliardi di euro.
La maxi multa arriva dopo le ammissioni di Ubs: abbiamo partecipato alla manipolazione del tasso Libor, l’indice di riferimento del mercato interbancario, sulla base del quale si calcolano gli interessi sui mutui. Una mossa che ha consentito a un gruppo ristretto di grandi banche, con riunioni segrete nella City, di reperire capitali a prezzi più vantaggiosi. Barclays ha patteggiato una sanzione da 453 milioni di dollari quest’estate, oggi la sanzione contro Ubs.
L’attuale segretario Usa al Tesoro, Timothy Geithner era stato avvertito nel maggio del 2008, molto prima di quanto non fosse noto, del coinvolgimento di alcune
banche nella manipolazione del tasso Libor, l’indice di riferimento del mercato interbancario, sulla base del quale si calcolano gli interessi sui mutui. Lo rivela il Financial Times, secondo il quale Geithner, che all’epoca era presidente
della Fed di New York, era stato messo in guardia da una e-mail inviatagli da un collega, Hayley Boesky.
L’avviso faceva parte di una pressione più complessiva da parte della Fed di New York per spingere la Banca d’Inghilterra e l’associazione bancaria britanica a
riformare il sistema del Libor. L’indice era infatti calcolato sulla base delle indicazioni fornite alla British Bankers Association da un pool di banche internazionali. La e-mail di Boesky era indirizzata a Geithner e, per conoscenza, a tre colleghi, Meg McConnell,
Matthew Raskin e William Dudley, attuale presidente della Fed di New York.
Il bilancio di Ubs dell’ultimo trimestre dell’anno, a questo punto, prevede perdite per 2 miliardi. Ma la perdita maggiore, a ben guardare, è quella di credibilità di un sistema finanziario che nelle ultime settimane ha visto Hsbc coinvolta nel riciclaggio del denaro sporco dei narcos e Deutsche Bank accusata di frode fiscale. “La ricerca di rendimenti affatto realistici sembra radicata in una cultura dell’incoscienza”, tuona il Financial Times. Già. Ma a 4 anni dall’esplosione della crisi a Wall Street, dopo tagli al welfare, austerity e disoccupazione a livelli record in molti paesi, l’esposizione delle prime 4 banche americane sul mercato dei derivati è pari al triplo del prodotto interno lordo americano.
Impensabile, di colpo, tornare al Glass-Steagall Act dei primi anni ’30 che ‘ingabbiava’ la sete inestinguibile di ‘scommesse azzardate’ delle banche di Wall Street ma la famosa Volcker Rule in America e la proposta Liikanen in Europa, da tempo chiuse in un cassetto, ci ricordano che per evitare nuove distorsioni dei mercati, e nuove crisi dell’economia reale qualche regola nuova per la partita globale delle grandi banche internazionali servirebbe davvero.
tratto da rainews24.it del 19 dicembre 2012